Intervista all’Avv. Paola Bevere del Foro di Roma, esperta in diritto penale e internazionale nonché Presidente dell’Associazione Antigone Lazio.
Redazione: La pubblicazione delle motivazioni della sentenza del 30 Maggio scorso ha scatenato un fervente dibattito tra le varie correnti di pensiero riguardanti la canapa. Perché è stata emessa una sentenza che non fa chiarezza su un argomento già di per sé spinoso?
Paola Bevere: La motivazione delle Sezioni Unite riepiloga con dovizia di particolari la normativa nazionale e sovranazionale in materia di canapa ammessa per usi agricoli. Infine prende atto del fatto che l’interpretazione letterale della legge n. 242/16 consente – in modo tassativo – il commercio di solo sette categorie di prodotti derivati della canapa sativa, ai sensi dell’art. 2, comma 2 (quali: alimenti e cosmetici; semilavorati; materiale destinato al sovescio; materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione; coltivazioni dedicate alle attività didattiche e coltivazioni destinate al florivivaismo). Su quest’ultimo punto, del florivivaismo (ossia “Attività professionale di produzione e commercializzazione di fiori recisi e di piante in un complesso di serre e vivai” v. Treccani), la Corte non si pronuncia adeguatamente, perché in questo caso non specifica se la pianta (con i suoi fiori) venduta al pubblico possa avere o meno percentuali di THC tra lo 0,2 e lo 0,6% (come la pianta che viene coltivata a terra).
Redazione: I produttori e coloro che si occupano della lavorazione della canapa industriale sono fuori pericolo?
Paola Bevere: Sono assolutamente fuori pericolo perché la sentenza, alla pagina 14, ribadisce l’esclusione di responsabilità in favore dell’agricoltore, il quale anche qualora avesse campioni superiori allo 0,6%, in ogni caso sarebbe esonerato da responsabilità penale, salvo, chiaramente, il sequestro e la distruzione della coltivazione che superi lo 0,6%.
Redazione: Non crede che questa situazione di estrema discrezionalità possa generare sentenze opposte a parità di reato che creerebbero ulteriore confusione?
Paola Bevere: Il nostro ordinamento giuridico è di tipo civil law e non common law per cui le sentenze non sono un precedente vincolante. Questo determina che ogni caso giuridico sia valutato discrezionalmente dal giudice, anche perché ogni caso specifico ha le sue peculiarità. Pertanto, per quanto riguarda l’effetto drogante, ricordo che questa giurisprudenza era già consolidata in tema di coltivazione casalinga, ove è solo un consulente tecnico che può stabilire se vi è effetto drogante o meno della sostanza. Volevo aggiungere, da ultimo, che per le condotte precedenti il 30 Maggio 2019 si ritiene esclusa la colpevolezza, in quanto la precedente giurisprudenza è stata asimmetrica.