Della crisi energetica dell’Occidente (ex?) industrializzato se ne parla ovunque e chiunque dice la sua, parlando quasi sempre a sproposito. Le analisi sulle origini, cause e soluzioni sono quantomeno fallaci, se non proprio cialtronesche, e non staremo qui a ripeterle o a prendere parte al teatrino della geopolitica (vera o presunta).
Qui parleremo d’altro, ossia di come migliorare una situazione piuttosto complicata, adattare le necessità dei vari protagonisti della società ad un miglioramento generalizzato della qualità della vita e cercare di proiettarlo nel medio-lungo termine.
Come fare, allora, a migliorare la qualità della vita delle persone, mantenere uno standard costante di produzione elettrica, fondamentale per non tornare al Precambriano e salvaguardare il pianeta Terra il più possibile?
Partiamo con una piccola analisi delle attuali fonti energetiche disponibili.
Le fonti rinnovabili classiche, ovvero eolico e solare, sono troppo discontinue e non si possiede, ad oggi, la tecnologia per accumulare l’energia in surplus per utilizzarla nel momento del bisogno. Le pale eoliche, per assurdo, in caso di vento molto forte vengono fermate in automatico per motivi di sicurezza. Anche i cosiddetti microimpianti casalinghi, sia solare che eolico, hanno questi limiti tecnici. Inoltre la produzione di pale eoliche e pannelli solari è estremamente impattante e il loro smaltimento a fine ciclo, nel caso del solare piuttosto breve, è molto complesso, dispendioso e in alcuni casi impossibile: le strutture degli impianti eolici sono in vetroresina e quest’ultima non è riciclabile in nessun modo, tant’è che i vecchi impianti vengono sotterrati in discarica e buonanotte, mentre i pannelli solari contengono una enorme quantità di metalli e terre rare estremamente inquinanti. Ignorare queste fonti energetiche sarebbe molto sciocco ma vanno assolutamente migliorate e le tecnologie di accumulo, idem.
Altro discorso per il geotermico, che però non è facilmente implementabile ovunque, neanche nel piccolo, a meno di non abitare tutti in Islanda, ma che non avrebbe grandi controindicazioni, dato che il calore della Terra è continuo e gratuito. In questo caso è un problema puramente pratico ma non irrisolvibile.
La produzione tramite l’idroelettrico ha numerosi punti a suo favore ma in Italia non copre più del 5% del fabbisogno nazionale e l’oggettiva mancanza di spazio fisico per implementarlo secondo necessità lo rende una possibilità aggiuntiva alla produzione principale, ma nulla di più.
Sul nucleare ci sarebbero da spendere oceani di parole: favorevoli e contrari si confrontano da 60 anni in ogni parte del mondo. Tuttavia, escluderla a priori potrebbe non essere molto producente: infatti, ai primi di Ottobre si è riusciti, in Russia, a portare quasi un reattore nucleare alla potenza nominale, cioè a trasformarlo in un reattore perpetuo con riutilizzo dello scarto di combustibile ed una produttività che può durare un tempo quasi indefinito. Certo, giocare con l’atomo è di suo assai pericoloso (vedasi Chernobyl e Fukushima, oltre ai numerosi e dannosissimi incidenti cosiddetti “minori” avvenuti nel mondo) e mettere in mano un qualcosa di così pericoloso ai personaggi cialtroneschi che popolano la nostra classe dirigente potrebbe non essere il massimo. Non siamo al livello delle teoriche centrali a fusione nucleare, ma un occhiata onesta a questo panorama si potrebbe anche dare.
Negli ultimi anni va molto di moda anche l’alimentazione ad idrogeno. Come un po’ tutti sanno, l’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’Universo: le stelle, infatti, sono composte per la maggior parte di questo elemento. Le stelle, appunto, non la Terra. Sul nostro pianeta l’idrogeno è molto raro e può essere prodotto solo attraverso l’idrolisi dell’acqua. Tralasciando il rapporto tra energia prodotta e quella spesa per la sua produzione, ricordiamo che verrebbe utilizzata l’acqua in quantità molto elevate e che tale risorsa è forse il caso di lasciarla, non inquinata, per gli usi fondamentali che Madre Natura le ha riservato. Inoltre l’idrogeno è estremamente pericoloso ed infiammabile (ricordate la tragedia dell’Hindenburg?) e il suo trasporto su larga scala sarebbe sovrassaturo di rischi.
Il carbone è la risorsa mineraria che ha dato il via alla Rivoluzione Industriale, ben prima del petrolio, e il suo utilizzo ha trasformato letteralmente il mondo: però la sua estrazione è impattante e la sua resa non è paragonabile al gas naturale o al succitato petrolio. Viene tutt’ora utilizzato in caso di emergenza in centrali elettriche a carbone, tuttavia il suo livello di inquinamento è molto, molto alto (ricordate la storia della Biston Betularia bianca di Manchester del XVIII Secolo? Ecco.): meglio utilizzarlo per le grigliate tra amici.
Il gas naturale, “il metano che ti dà una mano”, riprendendo una vecchia pubblicità degli anni ’80, è la risorsa principale con cui viene prodotta elettricità al giorno d’oggi, anche in Italia, tant’è che il prezzo delle altre materie prime viene indicizzato in base ad esso. La sua estrazione è possibile grazie ad immensi giacimenti posti nei principali continenti (in Siberia, in Alaska, nel Mar Mediterraneo, nel Mare del Nord, eccetera), il suo trasporto relativamente semplice e la sua raffinazione non paragonabile a quella del petrolio, così come il grado di inquinamento relativamente basso: al momento non è letteralmente possibile sostituirlo con altre fonti, a meno di non voler tornare alla Prima Rivoluzione Industriale e al carbone, tuttavia si può compensarne l’importazione sfruttando il biometano o il biogas in generale, che non coprono, però, che una minima parte di fabbisogno.
Dulcis in fundo, ci troviamo a parlare del nemico pubblico numero uno: il petrolio. Non staremo qui a ricordare i danni ambientali e le guerre sanguinose che questo elemento ha portato e porta ancora con sé, però è innegabile che esso sia ancora la base o quasi delle fonti energetiche planetarie oltre alle sue enormi potenzialità per quanto riguarda le sue innumerevoli trasformazioni. Sostituirlo è estremamente difficile e laborioso e, nel breve periodo, neanche lontanamente fattibile. Si può pensare di ridurlo con una lunga serie di accorgimenti, ma per ora, nulla di più.
Alle fonti citate si aggiunge il legname o la torba, ma esse rappresentano una percentuale quasi trascurabile della produzione elettrica mondiale.
E allora che si fa? Be’, innanzitutto si deve continuare a cercare, migliorare e provare, senza porsi obiettivi assurdi ma senza tralasciare nulla. Slogan come “utilizzare meno, utilizzare tutti” sono una sciocchezza priva di fondamento: la differenza non la fà la quantità di ciò che si utilizza ma la qualità e la resa dello stesso:”utilizzare meglio” sarebbe molto più utile, visto che le possibilità di migliorare ci sono e le risorse non vengono utilizzate nel modo corretto, alcune addirittura sono state dimenticate.
La canapa, ad esempio!
Abbiamo scritto fiumi di inchiostro (virtuale e non) sulle sue infinite possibilità di utilizzo.
Si può utilizzarla come eccellente isolante nelle abitazioni, e ridurre la quantità di energia necessaria al loro riscaldamento e alla loro refrigerazione. Viene utilizzata già adesso per la produzione di materie plastiche e tessuti, e ciò aiuterebbe eccome a ridurre l’uso del famigerato petrolio. Alla bisogna, i suoi scarti possono essere fonte diretta di energia come biomassa. Concima ed arricchisce di sostanze i terreni, e ciò ridurrebbe l’uso di fertilizzanti di origine industriale.
Ci si può produrre biocarburante, e qui si torna alla possibilità di ridurre il solito petrolio.
Può essere utilizzata per produrre batterie per l’accumulo di energia anche nella mobilità pubblica e privata, visto che già nel 1937 Henry Ford riuscì a costruire interamente una autovettura in canapa alimentandola con biocarburante, così da dare un minimo senso alla tendenza all’elettrificazione selvaggia dell’intero settore.
Sapete perché selvaggia? Perché per attuare la completa elettrificazione dell’intero parco auto italiano sarebbe necessario raddoppiare la quantità di energia elettrica prodotta ad oggi per l’intero fabbisogno energetico nazionale, aggiungendo poi tutto il resto delle attività e delle cose che vengono a tutt’oggi alimentate a corrente elettrica: parliamo quindi di qualcosa di irrealizzabile in 13 anni come delineato da qualche grigio burocrate di Bruxelles, visto e considerato gli oggettivi limiti di produzione elettrica nazionale di cui abbiamo parlato sopra.
Diventa quindi importante focalizzare l’attenzione sulla realtà delle cose, sulle soluzioni effettivamente praticabili e in quanto tempo si potrebbe riuscire realisticamente a metterle in pratica.
La giostra delle bandierine e della propaganda spicciola non ci deve interessare, abbiamo un potente alleato dalla nostra parte e non possiamo permetterci di tenerlo inattivo.
La canapa ha più di diecimila anni, ma è ancora in grado di cambiare, in meglio, le nostre vite.